L’EVENTO KARATE
scientifica degli allenamenti non solo
era più sicura, ma generava anche
performance agonistiche superiori.
Questo successo oggettivo fu l’unica
vera forza per poter imporre e svilup-
pare l’approccio occidentale basato
sulla consapevolezza e sull’efficacia,
superando le resistenze dell’ortodos-
sia.».
Lei sostiene che il tecnico sia in-
nanzitutto un pedagogo e che la
Federazione debba fornire «cultu-
ra, generale e specifica». Come ha
tradotto questa filosofia in pratica
nella gestione degli atleti d’élite
e nella formazione dei tecnici di
base, creando un vero e proprio
modello educativo?
«Il mio approccio nasce da un’inter-
pretazione profonda del termine ‘Dō’
(La Via), che per me è essenzialmen-
te una via per formare ed educare. La
grande sfida fu convertire una disci-
plina immersa in una tradizione rigida
verso una metodologia occidentale
basata sulla scienza.
Inizialmente, i nostri successi agoni-
stici generarono curiosità. Sono stato
chiamato diverse volte in Giappone
per spiegare le nostre innovazioni,
Preparazione fisica adeguata signi-
ficava introdurre protocolli specifici
per la mobilità articolare e sviluppare
forza rapida e potenza. Questo non
solo migliorava la performance, ma
preveniva gli infortuni; le tecniche
di calcio, ad esempio, erano spesso
eseguite male con i metodi tradizio-
nali, causando problemi alle anche.
Per quanto riguarda la funzionalità
neurocognitiva abbiamo sviluppato
un tipo di combattimento complesso
che rispondeva alle reali funzionalità
del cervello: calci a lunga distanza,
pugni a media distanza e proiezioni
nel contatto. Ho scoperto che l’ot-
timizzazione era facile, bastava as-
secondare i processi neurocognitivi,
Pier Luigi Aschieri e Luigi Busà prima delle
Olimpiadi di Tokyo2020.
Campionato del mondo di Madrid 2018,
Busà in finale. Dopo questa gara voleva
terminare la sua carriera e dichiarava: “volevo
dedicarmi più alla mia vita, agli affetti più cari,
costruire una famiglia. Il DT Aschieri, però, mi
fece fare l’ultima promessa: impegnarmi per
l’oro olimpico. Accettai e poi sapete come
è andata a finire. Un caro saluto al prof, non
ho mai avuto un rapporto strettissimo con
lui, ma c’è sempre stato rispetto da ambo le
parti.
e funzionali. In sintesi, il ‘seme della
scienza’ che ha distinto il mio lavoro
è sempre stato la mia stessa prepara-
zione: un filtro scientifico attraverso
il quale ho iniziato a decodificare e
progettare il Karate, ben prima che
diventasse prassi comune.».
Lei ha ammesso di essere stato
spesso contestato dagli «ultra-or-
todossi» che non vedevano di buon
occhio la modernizzazione scienti-
fica del Karate. Quali sono state le
sfide più grandi nell’allontanarsi
da una didattica di stampo giappo-
nese per abbracciare un approccio
occidentale basato sull’autonomia
e la consapevolezza dell’atleta?
«Devo essere schietto: la chiave per
superare la resistenza degli ‘ultra-or-
todossi’ fu la dimostrazione fattuale
dell’efficacia del mio metodo.
Quando la mia società vinse i Cam-
pionati Italiani, la seconda classificata
fu l’Associazione di Vito Simmi, che
era un mio allievo. Sebbene la nostra
vittoria (proveniente da Verona, una
realtà non centrale) potesse essere
liquidata come un caso isolato, il fat-
to che un altro mio allievo si piazzas-
se immediatamente dopo non era più
Europei 2013: Michela Pezzetti, Sara Battaglia, Roberta Sodero, Pierluigi Aschieri e Viviana
Bottaro
una coincidenza.
Questa fu la nostra vera prova: riu-
scimmo a dimostrare che dei sem-
plici studenti ben formati potevano
sconfiggere atleti professionisti ap-
partenenti alle Società più blasonate.
Fu un risultato rivoluzionario. Non si
trattava più di una disputa filosofica
o di una teoria didattica, ma di un’e-
videnza sul campo: l’ottimizzazione
ma l’ostacolo principale rimase la loro
riluttanza a rinunciare alla tradizione.
Riconoscevano la validità del nostro
metodo, ma non potevano farne a
meno della tradizione.
Il nostro modello si basava su due
pilastri che mancavano alla didattica
tradizionale: una preparazione fisica
adeguata e la funzionalità neuroco-
gnitiva.