28
senza che nessuno subisse mai un
infortunio grave. Questo, per me, è
il segnale più tangibile di aver com-
piuto il mio dovere e di aver lasciato
in eredità un approccio sportivo che
antepone il benessere fisico e la ra-
Il 10° Dan a Pierluigi Aschieri
Il DT dell’innovazione scientifica del Karate italiano
Testo e foto di Emanuele Di Feliciantonio
L’EVENTO KARATE
Il conferimento del 10° Dan corona i 42
anni di carriera di Pierluigi Aschieri e
celebra il suo merito di aver trasformato
il Karate in una scienza. Il lungo racconto
degli inizi, dell’approccio pedagogico e
della crescita di un movimento sportivo
sempre più vincente. Il rapporto con gli
atleti e la sua eredità
ierluigi Aschieri, per oltre
quarant’anni Direttore Tec-
nico Nazionale del Karate, ha
ricevuto il 10° Dan in occasio-
ne del Symposium 2025 che
non è solo la massima onorificenza
marziale, ma anche il giusto corona-
mento di una lunghissima carriera
dedicata alla ricerca del talento, alla
didattica come pedagogia e, in ultima
analisi, alla crescita culturale e moto-
ria di intere generazioni di atleti.
Sotto la sua guida, la Nazionale Italia-
na di Karate ha raggiunto picchi di ec-
cellenza internazionale, grazie all’ap-
plicazione pionieristica dei principi
della biologia, della biomeccanica e
delle neuroscienze al lavoro sul tata-
mi. Questa visione, spesso in contra-
sto con gli approcci più tradizionali,
ha trasformato il Karate italiano in
una disciplina moderna e scientifi-
camente fondata, capace di forgiare
talenti olimpici come Busà e Bottaro.
Pierluigi Aschieri è una figura che tra-
scende la mera dimensione sportiva.
Laureato I.S.E.F. e docente di Educa-
zione Fisica, ha portato la sua pro-
fonda conoscenza accademica (con
incarichi presso le Facoltà di Scienze
Motorie di atenei come L’Aquila, Ur-
bino e Padova) al servizio dell’agoni-
smo.
Il conferimento del 10° Dan è il cul-
mine di ben 42 anni dedicati alla
Federazione, attraversando tutte
le sue evoluzioni, dalla FIKDA alla
FIJLKAM. Oltre al prestigio, cosa
rappresenta per lei a livello perso-
nale e professionale questa onori-
ficenza in termini di chiusura di un
ciclo e riconoscimento del meto-
do?
«Il conferimento del 10° Dan mi ono-
ra profondamente. Tuttavia, devo
sottolineare che l’intero percorso,
durato oltre quattro decenni, è stato
guidato esclusivamente dal senso del
dovere, piuttosto che dalla ricerca di
gratificazioni personali.
La mia missione, fin da quando ero
insegnante distaccato del CONI, era
chiara: introdurre una metodologia
occidentale all’interno delle arti mar-
ziali. A quel tempo, il karate si muo-
veva in un contesto eccessivamente
autoritario e veicolava un concetto
che ritenevo profondamente sba-
gliato: che ciò che provoca dolore è
intrinsecamente positivo per la pre-
parazione.
Questa profonda convinzione mi ha
spinto a dimostrare che, al contrario,
ciò che danneggia l’atleta compro-
mette la sua salute e la sua carriera.
Credo che il vero riconoscimento,
più che il Dan in sé, risieda nel suc-
cesso del metodo. Sono riuscito a
condurre i nostri atleti nelle compe-
tizioni internazionali più prestigiose
Pierluigi Aschieri: una vita per il karate
Pierluigi Aschieri e Vito Simmi in
preparazione del vincente Campionato
italiano del 1979
zionalità alla mera ortodossia.»
La sua direzione tecnica nacque
nel 1979 da una clamorosa vittoria
della sua Società sportiva. Ha rac-
contato che la chiave fu «la pro-
gettazione e l’ottimizzazione dei
processi di allenamento». Potreb-
be descriverci in che modo questa
intuizione iniziale si è sviluppata
fino a integrare discipline come la
biomeccanica e le neuroscienze nel
quotidiano della Nazionale?
«La chiave di volta risiede integral-
mente nella mia formazione accade-
mica. Avendo completato il percorso
in Scienze motorie, avevo già acquisi-
to una profonda conoscenza di disci-
pline fondamentali come l’anatomia,
la fisiologia, la neurofisiologia e la
biomeccanica.
Era questa solida base scientifica a
impormi, in modo naturale, un ap-
proccio completamente diverso. Il
mio primo imperativo metodologi-
co, un vero e proprio caposaldo del-
la metodologia dell’allenamento, è
stata l’ottimizzazione delle risorse. Il
mio obiettivo primario era eliminare
qualsiasi gesto o pratica superflua,
concentrando l’energia dell’atleta
esclusivamente su obiettivi precisi