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L’EVENTO KARATE
tà tecnica diventando allenatori.
Qual è l’insegnamento metodolo-
gico o il principio etico che spera
la nuova generazione di tecnici
mantenga e sviluppi per garantire
la longevità del modello vincente
italiano?
«L’eredità che spero la nuova genera-
zione di tecnici mantenga è l’ordine
delle priorità: prima siamo educatori
e formatori, e solo in un secondo mo-
mento siamo allenatori.
Vedo l’educazione e la formazione
come un dovere sociale ad alto con-
tenuto morale. Questo approccio
richiede di lavorare sulla formazione
generalizzata e sulla creazione di una
base ampia e solida. Solo una volta
Proprio grazie a questo approccio,
nel periodo della mia direzione tec-
nica, potevamo vantare un livello
tecnico nelle competizioni nazionali
estremamente alto, un fattore che
spesso non riscontravamo in altre
nazioni. Mantenere questa visione
garantisce la longevità del nostro
modello.».
Lei ha detto: «Lo sport significa
sfidare i propri limiti, i limiti della
specie». Alla luce della sua lunga
vita dedicata a questa disciplina,
qual è il limite più importante che
ha imparato a sfidare o a ricono-
scere in sé stesso e negli altri?
«Il limite più significativo che ho af-
plina sportiva, è un dovere creare un
percorso accessibile a ogni età.
La sfida più grande è stata scientifica:
dimostrare che il karate, se ben inse-
gnato, non è un rischio, ma un poten-
tissimo strumento per sviluppare le
funzioni vitali. Eseguire un calcio a un
metro e settanta d’altezza senza ca-
dere richiede uno sviluppo neuromo-
torio e di equilibrio estremamente
raffinato. Inoltre, per quanto riguar-
da la mobilità articolare, abbiamo
dovuto introdurre una preparazione
fisica molto accurata, lavorando sulla
mobilità e sulle proprietà delle arti-
colazioni. Se non coltivi l’elasticità fin
da bambino, non potrai mai eseguire
correttamente un calcio frontale da
adulto.
Questo approccio non è solo uno
scopo formativo, ma è un imperati-
vo biologico: si tratta di potenziare
proprietà articolari che vanno colte
in quel preciso momento evolutivo,
altrimenti diverranno irrecuperabili.
In un paese afflitto dalla sedentarietà,
dove le ore di educazione fisica sono
insufficienti, il karate, con la sua at-
tenzione alla preparazione fisica ac-
curata, assolve a una cruciale funzio-
ne compensativa e preventiva per la
salute dei più giovani.
La nostra più grande conquista, in
questo senso, è stata superare la dif-
fidenza e conquistare la fiducia delle
famiglie verso questa disciplina.
Vorrei concludere con un pensiero
sull’uomo che ha reso possibile la no-
stra visione. Un ruolo fondamentale
nella dignità e nello sviluppo delle
arti marziali in Italia è dovuto al no-
stro compianto Presidente federale
Matteo Pellicone, un grande uomo
illuminato.
Quando ho iniziato la mia carriera,
operavamo in palestre comunali, a
volte in un sottoscala. Matteo Pelli-
cone ha dato non solo dignità al set-
tore, ma una vera e propria casa agli
sport di combattimento. Soprattut-
to, ha fornito la cultura e la struttura
(insieme al CONI) che ci hanno per-
messo di realizzare questo percorso
di innovazione scientifica e metodo-
logica.».◆
Premiato da Matteo Pellicone
Con Luca Valdesi dopo lo storico oro al Mondiale in Messico 2004 e l’allora Presidente del
settore karate Giuseppe Pellicone
stabilita questa base fondamentale,
che eleva il livello tecnico generale, si
può procedere con l’allenamento e,
di conseguenza, con la selezione dei
migliori. È la logica della piramide: se
la base è importante e di alta qualità,
allora un numero maggiore di atleti
potrà arrivare ai vertici.
Questa filosofia non è solo etica, ma
anche
strategicamente
vincente.
frontato e cercato di superare non è
stato puramente agonistico, ma cul-
turale e anagrafico: è stato il limite
che impediva ai bambini di accedere
al karate.
C’era un vecchio detto secondo cui
l’arte marziale, in quanto ‘marziale’,
non fosse adatta ai più giovani. Que-
sto perché il karate era visto unica-
mente nella sua veste tradizionale.
Nel momento in cui lo si eleva a disci-